La genesi del Met Images project, un’analisi organizzativa

Di Sergio Sfondrini

18 Maggio 2018

Categoria: Tecnologia

Il progetto DAM del Metropolitan Art Museum di New York, denominato Met Images Project, è stato descritto in un articolo che prendiamo come spunto per alcune riflessioni. Ripercorriamo quindi grazie agli autori i punti essenziali di un progetto che, per complessità e ampiezza, riveste un alto valore come caso di studio in ambito museale.

Sono passati dieci anni da quando nel 2006 RGL DigiNews, newletter specializzata nelle tecnologie digitali applicate alla conservazione dei beni culturali, dedicò un numero al tema della gestione degli asset digitali nei musei degli Stati Uniti. Dieci anni che non sono passati invano se oggi nel 2016 possiamo vedere online molte splendide collezioni di musei e fondazioni che hanno scelto di mettere a disposizione degli studiosi e del pubblico i propri tesori. Da un lato lo sviluppo della tecnologia ha permesso una migliore qualità e fruizione delle immagini, dall’altro sono sempre più numerose nel mondo le istituzioni culturali che hanno abbracciato la scelta di aprire le porte agli utenti della rete condividendo i propri archivi digitali con esperti e appassionati. Ognuna di esse ha sviluppato una via personale alla digitalizzazione seguendo tuttavia percorsi comuni. Può essere quindi particolarmente interessante un punto di osservazione privilegiato sul caso di un importante progetto DAM come quello del Metropolitan Museum di New York, istituzione allora come oggi in prima fila nell’utilizzo degli strumenti digitali per la diffusione di cultura e conoscenza.

Il percorso di analisi e pianificazione

Il progetto Digital Asset Management del Met, denominato Met Images Project, è stato descritto nell’articolo che qui traduciamo e commentiamo, da Susan Chun e Michael Jenkins che ne sono stati tra i protagonisti. Ripercorriamo quindi grazie agli autori i punti essenziali di un progetto che, per complessità e ampiezza, riveste un alto valore come caso di studio. Il Met è stato un antesignano tra i grandi musei americani a decidere di investire nella digitalizzazione e approfondita è stata la riflessione attuata al suo interno sulle tecnologie da adottare, e sui fini ultimi. Il progetto descritto in questo articolo è stato in pianificazione dal 2002 al 2005 e in sviluppo dal 2005 al 2007. La lunga fase di pianificazione è stata necessaria per rispondere, da pionieri, a domande su temi tecnici come la dimensione del database, e a temi etici come per esempio se l’obiettivo principale dovesse essere il guadagno economico ottenuto dalla vendita dei diritti delle immagini o il supporto alla crescita culturale dell’umanità.

Il progetto partì nel 2002 con uno studio sull’esistente, cioè sui sistemi utilizzati per archiviare e pubblicare online le loro collezioni, da parte di alcuni musei statunitensi e della Gran Bretagna. Dopo circa sei mesi di analisi i ricercatori del Met giunsero alla conclusione che non esistesse un sistema DAM funzionale concepito nella propria organicità, ma solo soluzioni software di corto respiro che si limitavano ad unire le funzionalità di navigazione e ricerca a un database più o meno completo. L’approccio Met è stato invece diverso sin dal primo momento con la volontà di sviluppare un progetto organico che coinvolgesse tutti i dipartimenti dell’organizzazione, sottoponendoli al controllo e al coordinamento di un responsabile di progetto. In prima battuta il team di analisi concentrò l’attenzione sul budget e quindi sulla capacità del sistema DAM di autofinanziarsi con la vendita dei diritti delle immagini.

Il Consiglio di Amministrazione del Met chiese al team di focalizzare la propria attenzione su due aspetti: in primo luogo di sviluppare il progetto in fasi, in modo che fosse possibile, alla fine di ogni anno, valutare il grado di raggiungimento delle finalità intermedie. In secondo luogo sollevò dei dubbi sul fatto che la motivazione economica fosse quella più giusta. Preferì invece inserire lo scopo ultimo in quella che è la vera finalità dell’istituzione, e cioè ricercare, documentare, educare. Questa scelta ha aiutato il progetto ad ottenere il necessario supporto da parte di tutta l’organizzazione e in ultimo a permetterne la buona riuscita. Nonostante l’originale priorità dei temi economici fosse stata superata non si perse tuttavia l’enfasi sulla qualità dell’inventario e sulla catalogazione, requisiti indispensabili per la riuscita economica.

Su queste basi la fase operativa del progetto DAM fu quindi ridefinita in tre fasi sequenziali:

  • Acquisire gli asset e sviluppare l’archivio digitale
  • Allargare l’accesso allo staff del museo e migliorare i livelli di sicurezza
  • Portare online l’accesso in modalità di fruizione autonoma

La prima fase è stata definita come quella della “conservazione” e si concentrò sulla finalità di proteggere gli asset del museo attraverso uno standard condiviso di catalogazione che avrebbe garantito facilità di ricerca e un database centralizzato. Ci si rese presto conto che la digitalizzazione dell’archivio, diminuendo i costi di transazione, ne avrebbe ridotto i costi di gestione; si decise pertanto di ridurre le tariffe per l’accesso all’archivio. Sempre in questa ottica si decise di offrire piani gratuiti di utilizzo delle immagini per gli studiosi sotto certe condizioni. La distribuzione di queste immagini fu deciso avvenisse tramite terze parti in modo da non appesantire i compiti del museo.
Con la pianificazione dell’ultima fase, la distribuzione online degli asset, si decise di curare con particolare attenzione la scelta delle parole chiave che gli utenti non esperti avrebbero potuto usare nelle loro ricerche. Questo portò allo sviluppo di un piano specifico per etichettare i contenuti. Nel 2005, tre anni dopo l’inizio dell’attività di analisi il Consiglio di Amministrazione del Met approvò il progetto mettendo a budget il primo anno con l’acquisto di una soluzione software DAM.
Nella prima fase del progetto vennero stanziati i fondi anche per la scansione e la catalogazione delle diapositive di grande formato già disponibili e quelli per un decennio di produzione di immagini digitali da caricare nel DAM.

La natura degli asset digitali

Con il termine asset digitali ci riferiamo a immagini, suoni, video, DTP file, pdf, presentazioni. Dato che rendere gli asset disponibili nel DAM è un’attività labour intensive è strategico stabilire quali siano gli asset che è opportuno inserire nel sistema. È quindi essenziale definire le priorità per la digitalizzazione, la catalogazione e il caricamento sul DAM. Al Met a questo fine è stato creato un questionario che tiene conto di:

  • Unicità dei materiali
  • Dimensione della collezione
  • Tipi di file
  • Complessità della catalogazione
  • Frequenza con cui il personale accede ai pezzi della collezione

Il lavoro di inventario si è mostrato utile anche per comprendere quali dipartimenti gestissero asset strategici per le finalità del museo e quali no.
Gli asset possono essere valutati per:

  • Unicità
  • Qualità dell’immagine
  • Qualità della catalogazione
  • Costi di sostituzione
  • Centralità verso la missione dell’istituzione

Avendo definito le priorità nei contenuti il Met ha deciso di caricare nel DAM, come prima fase, l’intera produzione digitale del Photo Studio, il dipartimento incaricato di creare gli asset digitali, che in un decennio aveva realizzato oltre 200.000 immagini. La collazione tra immagini e dati si è dimostrata un compito sfidante. Le immagini erano conservate su supporti ottici mentre i dati in file Excel. Un robot per duplicare Cd è stato riprogrammato per copiare i dati dai dischi alla rete. Dopo aver copiato i dati si passò alla normalizzazione dei file Excel. Molto lavoro di ottimizzazione dei dati è stato fatto, ma ci si rese presto conto che il lavoro per migliorare la catalogazione sarebbe andato avanti molto a lungo.

Risorse umane, coordinamento e formazione

I dipartimenti coinvolti nel progetto sono numerosi. Un sistema Digital Asset Management è anche uno strumento tecnologico che necessita di personale tecnico informatico. Inoltre è un deposito di contenuti in continuo divenire e quindi la responsabilità su di essi è di chi li produce. È anche un catalogo che deve essere gestito dagli archivisti. Infine, poiché si tratta di progetti che richiedono investimenti in termini di risorse economiche e di personale, riguarda anche la finanza, le risorse umane, la direzione.

Riguardando aree differenti dell’organizzazione la direzione del museo decise di creare un team di progetto che coinvolgesse tutti i dipartimenti interessati, guidato dall’Ufficio del direttore e dai sistemi informativi. Venne quindi assunto un project manager per tre anni, che operò assistito da personale IT, dei contenuti e della catalogazione. La loro missione è stata definire insieme nuovi compiti e procedure e stabilire relazioni tra i dipartimenti finalizzate allo sviluppo, utilizzo e gestione del sistema. Le aree specifiche diverranno in seguito responsabili delle procedure, in particolare così suddivise: tecnologia all’IT, inventario e creazione contenuti al Photo Studio, catalogazione e distribuzione alla Image Library, l’ufficio che gestisce la biblioteca immagini.

L’introduzione del Digital Asset Management oltre a portare lo snellimento di alcune processi come la ricerca e lo spostamento delle immagini fisiche ha aggiunto compiti e responsabilità di catalogazione con conseguenti necessità di personale e formazione. Fu quindi assunta una persona responsabile delle formazione interna sull’uso del DAM, della documentazione dei flussi di lavoro e di partecipare alle riunioni sul sistema e sull’interfaccia.

L’aspetto tecnologico

Una strategia IT ben definita ed attuata è centrale nella buona riuscita di un sistema Digital Asset Management. Le competenze coinvolte riguardano il networking, i database, i web server, lo storage e i backup, il supporto applicativo. Per questo motivo venne assunto un esperto generalista nel campo IT che fosse in grado di coordinare tutte le professionalità tecnologiche coinvolte nel processo. Dal punto di vista delle capacità di storage un progetto DAM causa un aumento significativo del livello qualitativo dei file archiviati, tanto che da una capacità iniziale di 7 terabyte si passò alla richiesta di 60 terabyte già nei primi due anni del progetto.

La produzione delle immagini

Un ruolo chiave riguarda i creatori dei contenuti. Al Met è lo staff del Photo Studio ad essere responsabile della loro creazione, con l’incarico preciso di ottenere il massimo livello qualitativo. Il suo personale è costituito da fotografi, operatori scanner, grafici. Si occupano anche di una indicizzazione preliminare che consente in seguito di attribuire alle immagini la loro corretta e completa indicizzazione.

Il Photo Studio da molto tempo era finalizzato nell’organizzazione del Met alla creazione di materiale digitale, il progetto Digital Asset Management richiese di includere anche la realizzazione e l’indicizzazione del materiale (fotografico e di comunicazione) creato in occasione di mostre, convegni e pubblicazioni. Questi compiti, in genere, realizzati con poco tempo a disposizione, per essere coordinati con il sistema DAM determinarono una nuova gestione dei processi e dei flussi di lavoro. Anche gli standard di produzione del materiale sono stati rivisti per soddisfare la necessità di creare materiale per la distribuzione esterna. In particolare lo staff grafico lavorò con il team di progetto per definire i processi di post produzione come il taglio delle immagini, la correzione dei colori, il salvataggio delle immagini e il formato standard di descrizione della qualità e delle attività di post produzione.

La catalogazione

I metadata sono i dati e le parole chiave che permettono la catalogazione e la ricerca degli asset. Uno schema di metadata ben costruito determina il valore di un sistema Digital Asset Management per tutte le tipologie di utenti. Infatti sono i metadata che permettono di trovare un oggetto inserito nel DAM. La loro qualità è un aspetto ancora più importante quando il sistema viene aperto agli utenti della rete.

I metadata assegnati alla collezione di un museo possono essere divisi in tre categorie:

  • Informazioni sull’oggetto fisico
  • Informazioni sull’immagine
  • Informazioni su diritti e restrizioni

Al Met l’implementazione del DAM e in particolare la gestione dei metadata ha cambiato radicalmente e incrementato i compiti del dipartimento Image Library che ha assunto il compito di popolare il database di metadata, revisionarli e affinarli. Tra questi in particolare i diritti e le restrizioni collegati a un’immagine furono sistematizzati e trasformati in dato.

Al termine dell’analisi effettuata dai due autori abbiamo ora lo spazio per alcuni spunti conclusivi. Ogni sistema Digital Asset Management è un progetto con un alto livello di personalizzazione le cui caratteristiche dipendono dalle finalità strategiche individuate dalla direzione, dalla tipologia di asset, dalle risorse umane coinvolte, dalle risorse economiche disponibili, dalle scelte tecnologiche, da una molteplicità di scelte operative relative ai processi organizzativi e dal contesto ambientale, storico, culturale in cui si trova l’istituzione.

La pianificazione accurata, la scelta di affrontare lo sviluppo del progetto in un approccio organico suddiviso in fasi, per una durata di tre anni, sono le chiavi di volta del successo del progetto Met Images. Approccio organico significa considerare l’organizzazione come composta da sistemi interdipendenti e di saper sempre valutare le conseguenze delle proprie scelte per correggerle in corso d’opera. Ciò richiede una progettazione analitica, ma anche la flessibilità di sapersi adattare alle situazioni che via via si manifestano. La scelta di non concentrarsi su finalità economiche, pur non disconoscendone l’importanza, e il coinvolgimento attivo di tutti i dipartimenti interessati è stata fondamentale nel creare nell’organizzazione la cultura e la motivazione per il buon fine del progetto. Anche essere partiti dalla definizione degli asset e delle procedure di digitalizzazione ha permesso di affrontare il compito della creazione dell’archivio in una sequenza efficace di interventi.

Centrali si sono mostrate le risorse umane e il loro coordinamento, quindi la scelta di assumere uno specialista IT, un addetto alla formazione e di creare un team di progetto stabile con responsabilità dirette sul progetto e sul disegno di flussi e procedure. Infine l’enfasi sulla qualità di catalogazione e archiviazione ha permesso la creazione di un archivio digitale utile a sostenere tutte le finalità individuate, quelle economiche e quelle didattiche.

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